25 novembre – Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Dalle iniziative dello scorso anno, sembra passato un secolo. L’emergenza causata dal diffondersi del Covid-19 ci ha costrette a stare a distanza, ma non per questo le attività dei centri antiviolenza e dei punti di ascolto si sono interrotte. Come purtroppo ci dicono i dati statistici, durante i mesi primaverili del lockdown e nei successivi mesi estivi, fino ad arrivare a queste settimane di confinamento più o meno severo, la violenza sulle donne non è mai cessata ed il trend è sfortunatamente invariato (le richieste di aiuto arrivate al 1522, numero verde per la violenza e lo stalking, sono raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2019 (marzo-giugno: +119%). 

Quest’anno la ricorrenza del 25 novembre “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” cade nel mezzo della seconda ondata della pandemia di Covid-19, che ci costringe a non poter partecipare, né organizzare eventi pubblici, sostituiti dove sarà possibile da eventi online, per richiamare l’attenzione sul tema della violenza contro le donne che continua ad essere drammaticamente presente nelle famiglie, nelle case, nei luoghi di vita e di lavoro e che incide, molto più di quanto si possa immaginare, anche sulla vita delle donne anziane.

Il rischio è che il tema della violenza sulle donne (fisica, sessuale, psicologica, verbale, economica, religiosa), le molestie e lo stalking siano oscurati dalla situazione emergenziale in cui ci troviamo, dagli ospedali alla crisi economica, dove sono ancora le donne a pagare il prezzo più alto, come fossero fatti che non ci riguardano, perché lontani da noi, o che possono essere affrontati in un altro momento.

Inoltre in questo periodo che ha relegato spesso le donne in casa con il maltrattante, che le ha costrette a fare i salti mortali tra lo smartworking ed i figli a casa, costringendo una parte di loro a rinunciare al lavoro, si è riscontrata una ulteriore insofferenza verso tutto ciò che riguarda il genere femminile

Gli insulti in rete e sui social stanno dilagando e a questi si aggiunge la descrizione tossica dei femminicidi, liquidati come fatti di cronaca nera, quando non semplificati con una narrazione stereotipata, che concepisce il rapporto uomo-donna nel matrimonio fermo alla metà del secolo scorso, quando le donne non potevano sottrarsi al ruolo di custodire e conservare le relazioni familiari a qualsiasi costo. Negli articoli dei quotidiani, e nelle TV, la parola “femminicidio” scompare, sostituita da “dramma” o “tragedia familiare”. Si descrivono gli assassini come “grande lavoratore” “padre esemplare” “marito modello” “accecato dalla gelosia” “sconvolto dalla separazione”; in questo modo si inducono lettori e lettrici a pensare che la trasformazione da “uomo mite” a “killer” sia avvenuta per colpa della moglie o compagna, descritta come una “donna irriconoscente” verso un uomo buono, dedito solo al lavoro e alla famiglia (così è stato anche per la tragedia avvenuta a Carignano).

Non è previsto che le donne costruiscano il proprio mondo, facendo delle scelte, perché queste sconvolgono il disegno patriarcale che le vuole grate nei confronti di un uomo che invece le considera “oggetti” di sua proprietà. A nessuno viene in mente di approfondire il punto di vista femminile, da cui magari potrebbe emergere che la “vittima” aveva una relazione arida ed insoddisfacente e che le liti fossero in realtà maltrattamenti. Narrando sistematicamente solo il punto di vista maschile, sempre con un occhio di riguardo, si continua a rafforzare la sottocultura che alimenta il femminicidio.

La narrazione cambia quando gli autori di un femminicidio o di uno stupro sono immigrati. In questo caso le pulsioni razziste hanno il sopravvento e si sposta il problema sul “mostro” che però non è uno di noi (amico, fratello, padre, marito o compagno).

L’italia non è ancora un paese per “donna”. In Italia siamo in uno stato di emergenza, ma il paradosso è che questa “emergenza” è sistemica perché ogni giorno vi sono notizie di femminicidi, violenze domestiche, discriminazioni, stupri a danno delle donne e di soggettività lgbtqi+.

Concludiamo questa riflessione condivisa con una frase di Nadia Somma (dal Blog FQ 10/11/20).

A tutte noi, giornaliste a attiviste, che ogni giorno lavoriamo su tutti i fronti per contrastare il fenomeno della violenza maschile e le sue radici culturali non resta che disfare la tela che fedeli patriarchi tessono ogni giorno nelle aule parlamentari, nei tribunali, nelle redazioni, nelle scuole.

Ovviamente tra le attiviste ci siamo anche noi Donne giovani e meno giovani di Carmagnola Insieme, che con pazienza e tenacia, con il nostro impegno ed il nostro cammino, con al fianco i nuovi “uomini femministi”, quotidianamente aggiungiamo un tassello affinché tutte le donne possano vivere una vita senza violenza e possano fare liberamente le loro scelte. Ai più scettici diciamo che ormai è ampiamente dimostrato che i diritti delle donne sono i diritti di tutti e vanno garantiti ed ampliati per costruire un mondo migliore.

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